Presenza in azienda e parità

15 giugno, in un pomeriggio di sole ma non di afa, sono a Bologna, la città che ha visto i natali dei miei studi universitari poi conclusi a Padova, città assai meno simpatica ed allegra. Nella Sala dello Zodiaco, in via Zamboni dove hanno sede diversi enti della Provincia di Bologna, un palazzo nel centro […]

Presenza in azienda e parità

15 giugno, in un pomeriggio di sole ma non di afa, sono a Bologna, la città che ha visto i natali dei miei studi universitari poi conclusi a Padova, città assai meno simpatica ed allegra. Nella Sala dello Zodiaco, in via Zamboni dove hanno sede diversi enti della Provincia di Bologna, un palazzo nel centro storico della città, trovo una trentina di donne riunite per un evento organizzato dall’Ufficio delle Consigliere di Parità della Provincia: Politiche aziendali di armonizzazione lavoro e famiglia. In realtà c’era anche un uomo, che merita di essere citato in quanto assai diverso in quel contesto!!

Ringrazio la Dott.ssa Campana, dell’ufficio consigliere di parità della Provincia di Bologna e la Dott.ssa Bombelli di Wise Growth che ci hanno dato molte informazioni e stimoli di approfondimento su un tema che ormai è già inflazionato e quindi necessita di un rinnovamento: la parità di genere.

La parità vista da una nuova prospettiva

Diciamolo, chi parla oggi di donne, quote rosa, parità di genere per sentirsi dare immediatamente della femminista, sessantottina fuori tempo, dall’ascoltatore anticipatamente annoiato ed inspiegabilmente stufo? Praticamente la parità risulta essere ormai assodata, si guarda al superamento delle distinzioni di genere, ne è un esempio Open, spazio nell’edizione 2015 di Pitti Uomo dedicato proprio al superamento delle distinzioni uomo/donna. Ma questa è un’altra storia. Sta di fatto che la situazione è questa ed il seminario ha cercato di superare quest’impasse spostando l’attenzione sul tema molto più ampio delle diversità. Si, perchè si parla di diversità in contesti organizzativi anche quando si parla di differenze significative di età in azienda, differenti culture (immigrati/espatriati), differenti specializzazioni e competenze, differenti bisogni, differenti mercati, non ci sono solo le differenze di genere. Chi si occupa di risorse umane, sarà quindi costretto ad occuparsi di differenze in molteplici campi e molteplici aspetti, partendo dalla consapevolezza che siamo più facilitati a gestire ciò che ci somiglia. Sarà quindi utile trovare un modo che ci permetta di gestire anche il collaboratore straniero, il cliente di cultura diversa, il giovane appena uscito dall’università che per un maturo manager laureatosi negli anni ottanta è semplicemente un bamboccione. Poi ci sono le donne, che evidentemente hanno bisogni e valori spesso diversi dall’uomo, se non si gestiscono queste differenze sarebbe come attraversare la tangenziale bendati! Certo che messa così la questione femminile è tutt’altra cosa, non vi pare? Non è questa la sede, nè sono io la persona giusta per proporre l’approccio migliore, ma vorrei invece riportare qui alcuni degli spunti che mi hanno più interessato.

La logica che ho trovato è questa: di fronte alla diversità il pericolo maggiore è quello della discriminazione, fosse anche in buona fede, siamo esseri umani e tendiamo a privilegiare ciò che conosciamo, ciò che è simile, ciò che riusciamo a capire più facilmente; dobbiamo quindi trovare degli strumenti oggettivi che ci consentano di evitare questa tendenza. Pensiamo al criterio di valutazione della prestazione maggiormente condiviso e utilizzato in Italia, i perbenisti dichiareranno che non è vero, non per loro, ma in realtà è la base fondamentale sulla quale valutiamo la nostra stessa prestazione professionale. Avete capito? LA PRESENZA. Eh si, proprio la presenza sul posto di lavoro….quante volte vi sarà capitato di stare in ufficio fino a tarda ora, anche quando era tempo che non avevate nulla da fare ed anzi, immaginavate cosa avreste potuto fare fuori di lì ma no, sia mai uscire prima del capo! Ed il capo, dall’altra parte del corridoio cosa si sarà trovato a pensare….avete indovinato! “come posso uscire prima del mio collaboratore, che esempio gli darei!” E le lancette inesorabilmente avanzavano…tic tac, tic tac…mi ricorda quasi il duello nei film western! Chi poi come me ha avuto modo di conoscere le aziende del nord est sa che questa tendenza qui ha raggiunto la soglia dell’incredibile: al lavoro il sabato mattina! Fortuna che poi è arrivata la crisi, così almeno si è messo un freno a quella quota di straordinari che rasentava l’indecenza. Perchè, diciamo la verità, erano davvero necessari? Al di là del mio parere, quel che voglio qui sottolineare è: siamo certi che la presenza possa essere considerato un valido criterio di valutazione della prestazione? Abbiamo bisogno di qualche studio sul tema? Dobbiamo disturbare qualche eminente professore americano? Vi potete fidare di me, credetemi: NO! Capisco che come criterio è sicuramente di facile utilizzo, reperibile in poco tempo, comprensibile in tutte le lingue, ha anche lo stesso metro di misura in ogni cultura, ma stiamo parlando di meritocrazia, (effettivamente tema inflazionato almeno quanto la parità di genere), cerchiamo allora di fare un piccolo sforzo ulteriore. Capisco che in fondo sto parlando di una rivoluzione culturale, credo però ne valga la pena, voi no? E ringraziatemi che non ho posto l’accento sulla discriminazione indiretta che le donne subiscono quando vengono valutate sulla base della loro presenza in ufficio….chissà dove mai dovranno correre via quelle? Non hanno voglia di lavorare, è evidente! Perchè vedete com’è facile? La voglia di lavorare è quello stesso modo di ragionare che porta poi al criterio della presenza, ma al cliente non interessa quanto ho lavorato, interessa il risultato! Al cliente interessa che il frigorifero sia funzionante, interessa che il pacco arrivi nel posto giusto entro i tempi indicati, interessa avere una dichiarazione dei redditi corretta. Cerchiamo allora dei sistemi di valutazione della prestazione oggettivi, che tengano conto dei risultati, sicuramente sarà un passo avanti verso il superamento delle discriminazioni e delle diversità.

Ci farebbe piacere leggere nei commenti cosa ne pensate dei criteri utilizzati per valutare la performance lavorativa in azienda. Quali sono quelli più utilizzati? Quali potrebbero essere quelli più efficaci per promuovere la meritocrazia?