8 numeri sull’occupazione femminile

Qualcuno la chiama festa, ma continua a non esserci molto da festeggiare. In occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale (dei diritti) della donna, utilizziamo proprio 8 dati per riflettere sullo stato dell’occupazione femminile in Italia e in Europa. 50,5% La percentuale di donne occupate in Italia a dicembre 2021. Complice la ripresa di diverse attività lavorative, […]

8 numeri sull’occupazione femminile

Qualcuno la chiama festa, ma continua a non esserci molto da festeggiare. In occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale (dei diritti) della donna, utilizziamo proprio 8 dati per riflettere sullo stato dell’occupazione femminile in Italia e in Europa.

50,5%

La percentuale di donne occupate in Italia a dicembre 2021.

Complice la ripresa di diverse attività lavorative, la bella notizia è che sembri risalire, seppur timidamente, il tasso di occupazione femminile con un +2,5% rispetto all’anno precedente. A confermarlo è ISTAT, ma il confronto con la controparte maschile è significativo e non può essere ignorato: gli uomini occupati sono oltre il 67%. Inoltre, nello stesso perio­do il tasso di inattività delle donne italiane tra i 15 e i 64 anni si è at­testato al 44.1%, contro il 26% degli uomini.

Siamo quindi di fronte a una (timida) ripresa che ci riporta ai dati pre-pandemia, ma a che condizioni? Vediamo ulteriori dati.

49,6%

La metà dei nuovi contratti delle lavoratrici italiane è part-time.

Lo scorso dicembre, INAPP, nel suo Gender Policies Report, ha ri­levato che degli oltre 3 milioni di contratti complessivamente attivati nel primo semestre 2021, oltre il 35,7% erano part-time. Questo dato presenta rilevanti differenze di genere: la metà delle nuove assunzioni di don­ne è stata a tempo parziale (contro il 26,6% degli uomini) e nel 42% dei casi esse si sono associate a una forma contrattuale a termine o disconti­nua (valore che scende al 22% nel caso di nuova occupazione ma­schile).

L’essere under 30 e vivere al Sud continua poi a rappresen­tare una condizione di ulteriore svantaggio.

14,8%

È quanto hanno guadagnato in meno le donne in Europa rispetto ai colleghi uomini nel 2018.

Lo rileva ISTAT analizzando i dati nell’Unione Europea e confrontando la retribuzione lorda oraria media. Da quanto emerso, le lavoratrici europee hanno guadagnato quasi il 15% in meno rispetto ai colleghi uomini. Le differenze più ampie si osservano nelle figure apicali e manageriali.

Secondo l’Osservatorio JobPricing in tema di Gender Pay Gap, in Italia ci sarebbe inoltre una forte sproporzione tra settore pubblico e privato: se nel settore pubblico il pay gap è pari al 3,8% , in quello privato la variabilità sale infatti al 17%.

“È come se le lavoratrici italiane avessero iniziato a percepire uno stipendio il 7 febbraio, lavorando regolarmente dal 1° gennaio”.

39%

La percentuale di donne italiane nei CdA delle aziende quotate.

Mai così alta la presenza registrata di donne negli organi sociali delle aziende quotate, secondo il report di Censob relativo al 2020. Dati che evidenziano il crescente impegno delle imprese nell’adempiere agli obblighi di legge (nel 2011 eravamo a quota 7%!) e muoversi verso una più costante inclusione delle donne nei board. Tuttavia, tasto dolente, le Amministratrici Delegate sono solo il 2%.

16%

Gli italiani che ritengono che durante la selezione e “in condizioni di scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza agli uomini rispetto alle donne”.

Lo ha rilevato uno studio ISTAT pubblicato nel 2019. Il 32,5% ritiene poi che “per l’uomo, più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro”, nonché “è soprattutto l’uomo che deve provvedere alle necessità economiche della famiglia” (27,9%).

Che dire: c’è ancora molta strada da fare.

63°

Il posto in graduatoria dell’Italia in tema di parità di genere.

Nel marzo 2021 il World Economic Forum ha infatti pubblicato il suo Global Gender Gap Report per indagare le differenze di genere sul piano professionale in 156 Paesi. L’Ita­lia, guadagnando una decina di posizioni rispetto al 2020, si posi­ziona al 63° posto, ben lontana da Islanda, Finlandia e Norvegia che occupano invece il podio. I dati del report evidenziano ancora una forte disparità in ambito lavorati­vo, soprattutto per quanto riguar­da le figure apicali.

58,7%

La percentuale di donne laureate in Italia rispetto al totale del 2020.

Da tempo Almalaurea evidenzia come ogni anno le donne compongano oltre la metà dei laureati italiani e abbiano tendenzialmente carriere accademiche più performanti. Nonostante questo alto numero, al momento dell’inserimento professionale va notato come il tasso di occupazione femminile scenda di 5 punti percentuali: a 5 anni dalla laurea, infatti, l’occupazione delle laureate si assesta al 84,8%, mentre per i colleghi uomini si parla dell’89,9%.

Questo dato, contestualizza Almalaurea, va letto anche alla luce dei diversi ambiti professionali scelti: se le facoltà di tipo umanistico sono a maggioranza femminile, al contrario le laureate STEM tendono ancora a rappresentare una minoranza nel panorama nazionale – nel 2020 hanno rappresentato il 14,3% in ambito ICT e il 25,9% nelle discipline ingegneristiche. Dati che speriamo possano crescere presto.

1,4 milioni

Le imprese femminili presenti in Italia a fine 2021.

Chiudiamo con una nota incoraggiante: nonostante la crisi e la frenata dettata dalla pandemia, le aziende a conduzione femminile continuano a crescere e rappresentano il 22%. Numeri positivi, che evidenziano la volontà di un numero sempre crescente di lavoratrici di ritagliarsi uno spazio all’interno di un mercato del lavoro che spesso non le valorizza appieno. Da qui anche la maggiore attenzione per misure aggiuntive di welfare a sostegno dei propri dipendenti.

E se il futuro delle imprese italiane partisse proprio da qui?

Sperando che l’attenzione verso questi dati non continui a seguire l’inesorabile destino delle mimose di appassire nel giro di una settimana … buona Giornata della Donna!