Ogni tanto capitano quelle giornate in cui ti viene voglia di fermarti e fare un bilancio su una qualche questione. Spesso siamo di corsa, “consumiamo” la vita senza grande consapevolezza di quello che ci accade e solitamente non ci poniamo troppe domande oppure non ci poniamo quelle giuste… A me recentemente è capitato di fermarmi […]
Ogni tanto capitano quelle giornate in cui ti viene voglia di fermarti e fare un bilancio su una qualche questione. Spesso siamo di corsa, “consumiamo” la vita senza grande consapevolezza di quello che ci accade e solitamente non ci poniamo troppe domande oppure non ci poniamo quelle giuste… A me recentemente è capitato di fermarmi e di chiedermi se e cosa il mio ruolo professionale di selezionatrice di personale mi permettesse di affermare sulle persone che cercano lavoro.
Mi sono fermata e mi sono detta: “Sono ben più di 10 anni che tra una cosa e l’altra incontri persone che cercano lavoro o che vogliono cambiarlo, cosa le accomuna? Che caratteristiche ha questa categoria di persone? E poi, si può definire una categoria? E’ possibile fare delle generalizzazioni e delle riflessioni?”
Le persone con cui ho avuto a che fare sono nell’ordine delle migliaia. Sappi che incontro almeno 10 persone ogni settimana quindi più o meno 500 ogni anno. Siccome lo faccio da più di dieci anni questo vuol dire almeno 5000 persone che cercano lavoro intervistate da quando ho iniziato questa attività.
Ormai l’esperienza mi permette di sintonizzarmi velocemente con i candidati che incontro perchè, al di là delle ovvie e sempre presenti differenze individuali, essi vivono spesso delle situazioni ricorrenti.
Allora proprio oggi ho deciso di cimentarmi in questo gioco e di provare a concentrare il mio vissuto in alcune affermazioni. Lo chiamo gioco perchè so bene che non può essere scienza e io stessa devo accettare di emettere dei giudizi un po’ grossolani per poter ordinare tutto quello che l’esperienza mi suggerisce. Pronti? VIAAAAA
1) Non sempre chi cerca attivamente lavoro è il miglior candidato
Sembrerebbe abbastanza ovvio che chi è attivo sul mercato del lavoro e si propone agli head hunters come candidato sia colui che ha la maggior motivazione ad iniziare un nuovo lavoro o a cambiarlo e che quindi sia il target più giusto delle aziende che cercano personale. Se funzionasse così la vita di chi fa il mio lavoro sarebbe molto più semplice. L’esperienza mi dice che le cose vanno diversamente. Spesso risulta più efficace andare a solleticare l’interesse di qualcuno che, almeno all’apparenza, è un candidato passivo e non si candiderebbe alla tua selezione se non lo contattassi tu. Dare una spiegazione di questo fenomeno a me non pare semplice però vi posso assicurare che è così. L’unica cosa che mi viene in mente è che forse chi è già soddisfatto della sua situazione appare meno stressato, meno ansioso di piacere e forse come in amor anche nel lavor vince chi fugge…
2) Le donne hanno le idee più chiare su cosa vogliono
Non me ne vogliano gli amici maschietti, ma devo dire che le donne in fatto di lavoro appaiono molto più concrete e precise nel definire che cosa vogliono. Così come sono spesso consapevoli di quello che il mercato è disposto ad offrire loro e quando accettano un compromesso sono perfettamente coscienti che si tratti di un compromesso e lo fanno avendo ben analizzato il rapporto costi/benefici. Spesso gli uomini paiono o guidati da stereotipi su quelli che sono i percorsi di carriera più frequenti oppure proprio sembra che non si pongano il problema di come costruirsi un percorso.
3) Diffidare sempre da chi sembra troppo disponibile
L’esperienza mi dice che le persone che nella fase iniziale di una selezione sembrano più disponibili a valutare con benevolenza la nostra proposta professionale alla fine sono pronti con altrettanta facilità a tirarsi indietro. Vanno assolutamente apprezzate quelle persone che si prendono del tempo (un po’ di tempo non una vita!) per valutare se sono interessati all’opportunità che gli viene sottoposta. Solitamente questi candidati riservano meno sorprese al momento della trattativa con l’azienda.
4) Se uno è motivato trova sempre il modo di organizzarsi per un colloquio
Un indicatore significativo per capire se un candidato è motivato ed interessato è la sua disponibilità ad organizzarsi per un colloquio con il selezionatore e poi con l’azienda. È ovvio che una persona che lavora abbia delle difficoltà a liberarsi in orario lavorativo ma proprio il fatto che lo faccia denota interesse, capacità di problem solving e rispetto per il lavoro altrui. Chi offre disponibilità per i colloqui il sabato o la domenica oppure la sera ad orari improponibili rischia solo di precludersi delle opportunità.
5) Chi fa il misterioso alla fine resta a secco
A volte, abbastanza raramente per la verità, ci sono delle persone che si fanno delle remore a fornire alcuni dati personali (ma non sensibili ovviamente!) al selezionatore. Si tratta di dati che aiuterebbero ad inquadrare la candidatura nel processo di selezione non certo a farsi i fatti degli altri! Eppure a volta capita di sentirsi dire, specialmente con riferimento al pacchetto retributivo attuale oppure all’organizzazione del proprio ufficio/dipartimento, che queste segretissime informazioni saranno fornite solo in una fase successiva della selezione. Peccato che quella fase non ci sarà mai perché per un selezionatore è impossibile fare una valutazione sul match della candidatura con il profilo ideale senza conoscere questi dati. Eh sì, sarà per una prossima volta!
6) Se piace tantissimo a me probabilmente al mio cliente non piacerà
A volte capita proprio di innamorarsi di un candidato. Si resta colpiti dalla brillantezza di talune persone o dalla loro storia oppure da alcune loro caratteristiche personali come la determinazione, l’ingegno, il problem solving e, forse storditi dall’ammirazione, si perde l’obiettività nella valutazione di quella persona come candidato. Il selezionatore si convince che quella persona sia la migliore candidatura per il proprio cliente e che meriti assolutamente di vincere la gara per il posto disponibile. Quando poi il tuo cliente incontra il candidato (per non parlare se la candidatura viene stroncata sulla carta, orrore!!) e il feedback che ti viene fornito è appena discreto, o giù di lì, non puoi capire la delusione! Il senso di essere incompresi, di spreco di talento!
Chissà chi ha ragione in questi casi? Ah certo, il cliente ha sempre ragione, ovvio!
7) Giurare al cliente che è la persona giusta porta una sfiga tremenda
Questa è a volte figlia della nr. 6 anche se si può riscontrare anche senza che ci sia l’innamoramento del selezionatore. Funziona così: sei felicissimo perchè pensi che di aver trovato il candidato veramente giusto, il quadro è perfetto: competenze, soft skills, range retributivo sono perfettamente in linea con quanto ricercato dal tuo cliente e quindi tu ti profondi in una serie di elogi di quel candidato tanto che il cliente decide di assumerlo confortato anche dalla tua convinzione. Bene, la probabilità che il candidato una volta assunto si riveli un pazzo psicopatico e che venga cacciato dopo pochi giorni di lavoro è veramente altissima! Mai mettere la mano sul fuoco su un candidato, per nessun motivo! E non chiedetemi spiegazioni per questo fenomeno perchè proprio non saprei che rispondere 🙂
8) Quando un candidato ti nasconde qualcosa spesso è una stupidaggine, ma tu immagini chissà che
Spesso, durante un colloquio di selezione, hai la sensazione che non tutto quel che ti sta raccontando il tuo candidato torni alla perfezione. È difficile da spiegare, si tratta di una specie di sensibilità che si affina con l’esperienza e un sesto senso forse supportato dalla lettura del paraverbale del candidato, ma ad un certo punto si accende una lampadina. In realtà spesso succede che le persone cerchino di presentarsi al meglio e tendano a nascondere delle piccole vicissitudini o incidenti di percorso che possono tranquillamente accadere in un percorso professionale ma che il candidato preferisce tacere pensando che lo metterebbero in cattiva luce. In realtà siccome il selezionatore per sua natura tende ad essere un po’ sospettoso ed è conscio di questo gioco delle parti sicuramente si immagina lo scenario peggiore e tenderà ad esprimere una riserva sulla candidatura. Siate sempre sinceri, ricordate, il selezionatore è un AMICO!
9) Se messe a proprio agio le persone ti dicono di più
Va di moda, una volta anche più di adesso per la verità, un tipo di intervista al candidato con uno stile che tende a metterlo sotto pressione. L’idea è che una persona se incalzata tiri fuori tutto quel che serve e che cada in contraddizione se magari omette alcune informazioni o passaggi curriculari. C’è anche la, secondo me errata, convinzione che un’intervista di questo genere aiuti a capire il comportamento del candidato in situazioni stressanti. Secondo la mia esperienza invece ha il solo effetto di farti risultare sgradevole per non dire maleducato e di far venire al candidato la voglia di scappare il più velocemente possibile e non avere più niente a che fare con te. Ho visto che creare una situazione di fiducia, di apertura e di non giudizio favorisce moltissimo la disponibilità dei candidati ad aprirsi e a raccontare anche gli aspetti meno brillanti del proprio percorso.
+1) E poi, come anticipato, c’è una cosa che davvero non capirò mai delle persone che cercano lavoro!
Eh sì, c’è una cosa che dopo tanti anni ancora non ho capito delle persone che cercano lavoro ed è quale criterio utilizzano per rispondere agli annunci di ricerca di personale. È esperienza comune a tutti i selezionatori d’Italia quella di vedere delle candidature che non hanno niente in comune con le richieste riassunte nell’annuncio. È vero che a volte questi ultimi sono talmente stringati e con poche informazioni, ma riuscire a non soddisfare nemmeno quelle poche … una sola domanda: PERCHÈ?