Il Coaching visto da Isabelle Alpi

Per approfondire il tema del coaching, così caro agli autori di questo blog, non ci siamo lasciati scappare l’occasione di intervistare Isabelle Alpi. Isabelle, belga di nascita ed italiana d’adozione, ha un’interessante esperienza come coach svolta sia in Italia e che all’estero ed avendo recentemente fondato EMCC Italia, un’associazione per la promozione del coaching e del […]

Il Coaching visto da Isabelle Alpi

Per approfondire il tema del coaching, così caro agli autori di questo blog, non ci siamo lasciati scappare l’occasione di intervistare Isabelle Alpi. Isabelle, belga di nascita ed italiana d’adozione, ha un’interessante esperienza come coach svolta sia in Italia e che all’estero ed avendo recentemente fondato EMCC Italia, un’associazione per la promozione del coaching e del mentoring, è sicuramente la persona giusta con cui fare un focus sullo stato di queste discipline.

Intervista a Isabelle Alpi, presidente EMCC Italia

Come ti sei avvicinata alla professione di coach?

Mi laureai in ingegneria e iniziai come manager dopo aver lavorato qualche anno all’università come ricercatrice e “assistant professor”. Quando cambiai ambito per la consulenza interna in change management e sviluppo organizzativo, si materializzò il mio interesse per lo sviluppo delle persone. Attraverso il management del capitale umano in situazioni di cambiamento organizzativo, realizzai che l’allineamento interno crea un evoluzione positiva, un senzo di richezza interna e di soddisfazione. Decisi quindi di laurearmi in psicologia come conferma del mio interesse alle persone. Sfruttando la mia esperienza aziendale, il mio doppio orientamento ai risultati e alle persone, con una formazione in coaching, iniziai man mano a fare coaching in pratica privata con individui e piccole e medie aziende e con espatriati.

Cos’è per te il coaching? Dammi la tua definizione.

Condivido la definizione del coaching proposta da EMCC Italia:

Il coaching è un processo di supporto basato su una pratica collaborativa tra il coach e il coachee (cliente), che mira al raggiungimento dell’obiettivo del coachee. Il coaching crea spazio per la riflessione attraverso un dialogo genuino nel quale l’enfasi viene posta sul creare significato, sui valori, sulle aspirazioni e sulla questione dell’identità. Grazie a questo processo, il coachee riesce a definire le proprie strategie vincenti per aggirare gli ostacoli (i suo propri interni sabotaggi e freni, e gli ostacoli dell’ambiente) e restare motivato per raggiungere il suo traguardo e godersi del suo successo.

Cosa permette di fare il coaching? Quali risultati si possono ottenere?

In breve, il coaching permette di andare oltre le solite cose che riusciamo a fare da soli. E’ un processo che risveglia e mobilita i nostri potenziali lasciati in disparte e tira fuori le nostre risorse mentre ci aiuta a trovare il modo personale di sfidare i nostri blocchi. Il coaching permette di dare il meglio di sé verso il raggiungimento di un obiettivo preciso, motivante e limitato nel tempo.

Il coach è il facilitatore di questo processo, aiuta a mantenere la motivazione e a passare attraverso difficoltà e scoraggiamenti.

Come risultato, oltre aver raggiunto il suo obiettivo, il coachee avrà guadagnato in autonomia, si sentirà più protagonista della propria vita. Si sentirà anche più fiducioso per affrontare situazioni simili a quella che l’ha portato a richiedere i servizi di un coach. Durante il processo si impara anche molto su di sé, una forma di consapevolezza che uno si porta dentro di sé per sempre

Quando è meglio rivolgersi ad un mentor piuttosto che un coach?

Per definizione, il mentoring coinvolge un trasferimento di conoscenze o abilità. Il mentor è dunque una persona esperta in un campo specifico che offre possibilità di apprendimento specializzato al mentee (persona che usa servizi di mentoring), usando atteggiamento e tecniche di coaching. Il coach invece lavora sui processi, non sul contenuto.

Quindi per apprendere da un modello, in un modo personalizzato, nuove conoscenze, competenze, abilità, imparare a usarle e integrarle come parte di sé, il mentor è la persona giusta.
Invece per passare dalla versione Beta alla versione migliorata, più performante, di sé, allora ci si deve rivolgere a un coach.

Tu in che ambito lavori come coach?

La maggior parte dei miei interventi sono rivolti all’ambito lavorativo.

Lavoro con le piccole e medie aziende per aiutarle nello sviluppo della competitività a livello locale e sulla scena internazionale: strategie allineate con la vision e i valori organizzativi, efficienza organizzativa, modi di lavoro efficaci, allineamento della forza lavoro con gli obiettivi di business … In questi processi sono coinvolti non solo il board (il gruppo di direzione, consiglio direttivo, …)  ma anche i manager e i team che guadagnano in performance.

Con i privati le tematiche riscontrate riguardano il cambiamento nel ruolo all’interno dell’azienda, la transizione di carriera, la comunicazione interpersonale e il management.

Aiuto anche gli espatriati a inserirsi nel tessuto lavorativo, sociale e culturale del nuovo luogo di vita.

Ci racconti un tuo successo?

Tutto ciò che il cliente condivide con il suo coach rimane confidenziale. Si possono solo svelare gli elementi propri al cliente autorizzati da esso e quelli del contesto che non consentono l’identificazione di persone fisiche o giuridiche precise. Pertanto nel racconto che faccio di seguito sono stati concordati con il cliente gli elementi propri che possono essere svelati. Per il resto, certi dati sono stati cambiati per non rendere possibile riconoscere la situazione specifica trattata.

Un manager, chiamiamolo Paolo, venne trovarmi per difficoltà con il team. Non riusciva a sentirsi capo. I suoi collaboratori facevono come gli pareva giusto invece di seguire le linee guida di Paolo.

Indagando sulla situazione scoprimmo che oltre una questione interrelazionale si trattava anche di una mancanta comunicazione della strategia del dipartimento risultando in un non allineamento dei collaboratori che interpretavano i segnali dell’ambiente a modo loro, ciascuno con il proprio quadro di riferimento interno.

In una prima fase, abbiamo lavorato con Paolo sulle sue dinamiche personali di comunicazione, mettendo in luce gli schemi ricorrenti a seconda del tipo di persona con cui aveva a che fare. Lo aiutai a aumentare la flessibilità mentale e cambiare prospettiva, ciò che gli permise di trovare modi relazionali alternativi che sperimentava tra le sessioni in modo di acquisire quelli più efficaci per lui.

Questo lavoro fu la base che gli permise anche, in una seconda fase, di identificare autonomamente come condividere adeguatamente la strategia e comunicare in maniera più efficace con i collaboratori anche a proposito dei loro obiettivi.

Quando, dopo parecchi anni, incontrai casualmente di nuovo Paolo mi disse che usava sempre ciò che scoprì su di sé durante il suo percorso di coaching che riassunse con umorismo come una “partnership con lo specchio”!

Questo percorso di coaching con Paolo, lo vedo come un successo in quanto non solo si è concluso con il raggiungimento dell’obiettivo ma ha anche facilitato un aumento della consapevolezza di sé che ha contribuito alla sua autonomia in modo duraturo.

Sei in Italia da diverso tempo ma hai lavorato molto all’estero: che differenze riscontri nell’approccio al coaching tra la realtà italiana e quella europea/internazionale?

Direi che la realtà italiana è molto variegata. La conoscenza e il riconoscimento del coaching sono sicuramente più sviluppati nel Nord Italia. In certe grandi aziende multinazionali straniere la cultura del coaching interno è così sviluppata che i manager fanno anche training sui metodi di coaching. Però non direi che sia una situazione molto diffusa.

Le grandi aziende tuttavia rimangono i principali fruitori di servizi di coaching mentre nella popolazione generale è poco conosciuto. Molto spesso si compara al coaching sportivo oppure alla formazione con la quale è spesso abbinato. Ma questa situazione non è tipica dell’Italia. Più tipico secondo me è una forma di disinteresse da parte dei singoli individui che si potrebbe riassumere con le parole “non ho bisogno di nessuno”.

Riguardo ai modelli usati per fare coaching, la PNL sembra molto apprezzata e serve di base a numerose formazione di coaching. Invece in altri paesi europei l’approccio formativo mi pare più integrato ovvero vari modelli vengono insegnati al futuro coach che potrà scegliere nella sua pratica quello più adatto in base al cliente e alla situazione.

Detto questo i coach italiani si formano di continuo come dappertutto e hanno pertanto l’opportunità di allargare i loro strumenti qualora ne sentirebbero la necessità.

Sei presidente di EMCC Italia, un’associazione che vuole promuovere il coaching ed il mentoring. Ci racconti come è nata questa idea?

Come coach, ero socia di EMCC Belgium quando vivevo in Belgio. Arrivata a Roma, mi sono resa conto non solo che l’EMCC non aveva ancora un ramo in Italia ma anche che almeno tra il pubblico generale, c’era poca conoscenza di cosa sono il coaching e il mentoring. Quando le parole coaching o mentoring sembravano familiari, molto spesso non facevono riferimento ad una pratica professionale del coaching o del mentoring (nel senso definito dall’EMCC).

Questo mi ha spinto a creare un’associazione con le 3 idee generali di:

  • diffondere la conoscenza del coaching e del mentoring in Italia,
  • contribuire al loro riconoscimento in quanto professioni,
  • promuovere pratiche professionali in questi campi

Di cosa si occupa EMCC e che valore aggiunto porta agli associati?

EMCC è l’acronimo di European Mentoring and Coaching Council.

L’EMCC, presente in 68 paesi (in Europa e fuori) con  più di 5000 membri, consiste in un network di associazioni, ognuna rappresentante un paese. Si occupa di sviluppare, promuovere e stabilire standard per l’esercizio delle professioni del mentoring e del coaching, a vantaggio della comunità globale.

L’EMCC è la prima associazione in Europa, seconda nel mondo e propone standard elevati e un sistema di accreditamento riconosciuto internazionalmente.

Uno dei principi di base dell’EMCC è l’inclusività ossia la possibilità per tutti coloro interessati al coaching/mentoring di associarsi (singoli individui, coach/mentor, fruitori di servizi di coaching/mentoring, scuole di coaching/mentoring, istituzioni accademiche).

Essere membro di EMCC in Italia permette di usufruire di tutta la rete internazionale dell’EMCC nonché di altri vantaggi quali l’agevolazione per la partecipazione alle conferenze internazionali con relatori di alto livello, l’accreditamento basato su standard di alto livello, l’EMCC Journal of coaching and mentoring.

Inoltre, per i membri individuali, l’adesione a EMCC Italia offre l’opportunità di far parte della comunità di pratica e di apprendimento dei membri in Italia.

Pragmaticamente, essere membro individuale offre la possibilità di partecipare

  • alle conferenze tematiche tenute regolarmente su temi, strumenti e risultati di ricerche legati al coaching/mentoring
  • agli incontri di condivisione tra i membri (comunità di pratica, intervisione)
  • agli incontri di networking
  • ai gruppi di lavoro su tematiche d’interesse tale il self-marketing del coach
  • al programma di coaching/mentoring solidale che dà l’opportunità di aumentare il numero di ore di pratica riconosciuta

EMCC Italia offre anche la possibilità per le aziende, le organizzazioni professionali e gli istituti accademici di diventare membro.

La membership organizzativa è un’opportunità di:

  • essere a contatto con potenziali datori di servizi non solo di coaching ma anche di mentoring. La partecipazione alle attività dell’associazione dà la possibilità di assicurarsi della qualità del coach/mentor che l’azienda vorrebbe assumere.
  • rafforzare l’employer branding e la visibilità in quanto l’azienda viene elencata sul sito, con descrizione delle attività e logo, e con un link verso il proprio sito web. Questo manda un segnale chiaro, verso l’esterno così come l’interno, dei principi e delle norme che l’azienda valorizza e sostiene.
  • migliorare la motivazione, la soddisfazione e la fidelizzazione dei dipendenti. In effetti, l’azienda può premiare 3 dipendenti (5 per le organizzazioni di professionisti) con un’adesione individuale gratuita e per tutti gli altri dipendenti, la quota è agevolata, anche se i vantaggi sono quelli della “full membership” individuale. Questo permette all’azienda di offrire ai dipendenti l’opportunità di sviluppare le loro abilità di coaching / mentoring o di conoscere il coaching / mentoring, competenze sempre più popolari, utili in ogni ruolo nel business e altrove.
  • assicurare standard di qualità per i coach/mentor interni all’azienda, per i manager, così come per tutti i ruoli più importanti dell’organizzazione e anche per tutti i dipendenti interessati a sviluppare competenze di coaching / mentoring a beneficio di entrambe l’azienda e se stesso/a.
  • usufruire della nostra rete (nazionale e internazionale) di coach/mentor e di aziende associate.

Per finire che consiglio ti senti di dare ad un giovane Coach?

Prova a praticare il più possibile anche gratuitamente. Prendi un supervisore, scopri i tuoi punti ciechi, apprendi a riconoscerli e gestirli nel lavoro con il cliente.

Fai intervisione con altri coach per condividere best practice. Continua il tuo sviluppo professionale assistendo a conferenze e partecipando in workshop rivolti a tematiche legate al coaching.

Associati a un organismo che difende e dà credibilità alla professione, che propone standard di alto livello per guidare la tua pratica, e ti permette di fare rete con altri coach ma anche con fruitori di servizi di coaching.

Per conoscere meglio Isabelle Alpi potete visionare questo video con una sua intervista:

https://www.youtube.com/watch?v=42qgZPsSCL8

Ecco i riferimenti per contattare Isabelle Alpi: