Vado a lavorare in USA… Rita Levi Montalcini scriveva: “In USA si lavora bene e si vive male. In Italia si vive bene e si lavora male.” Vero o no, ormai da tempo in tanti hanno scelto questa strada, oggi incontriamo chi ha già optato per questa soluzione e cerchiamo di capire la sua esperienza. […]
Vado a lavorare in USA… Rita Levi Montalcini scriveva: “In USA si lavora bene e si vive male. In Italia si vive bene e si lavora male.” Vero o no, ormai da tempo in tanti hanno scelto questa strada, oggi incontriamo chi ha già optato per questa soluzione e cerchiamo di capire la sua esperienza.
Silvia, quando hai deciso di cercare un’opportunità all’estero e quali sono state le motivazioni che ti hanno spinto?
Io e il mio oggi marito eravamo ad un punto della nostra carriera e vita che sembrava essere stagnante. Lui, Giovanni, un biologo ricercatore PhD e io una psicoterapeuta lavoravamo soprattutto nel settore pubblico a contratto, e abbiamo iniziato a riflettere su altre possibilità.
Dal dire al fare c’è di mezzo il mare, ancora più vero nel tuo caso che hai pensato “Vado a lavorare in USA”, ma perché proprio gli USA?
Come ricercatore Giovanni aveva la posssibilità di spostarsi quasi ovunque nel mondo, ma gli USA ci attraevano e conoscevamo bene l’inglese. Pensandoci bene però il legame di Giovanni era con la serie TV “XFiles”, e alla fine ha realizzato il suo desiderio di ripercorrere le tracce di Mulder e Scully. Se fosse per me andrei ovunque, adoro viaggiare, ma gli USA in particolare mi hanno sempre attratto per l’idea di libertà che li accompagna e il principio costituzionale di “Pursuit of happiness”.
Una volta presa la decisione di andare all’estero, cosa hai fatto nella pratica per raggiungere il tuo obiettivo?
Io e Giovanni ci siamo messi, letteralmente dal divano di casa, a lavorare prima di tutto sul suo CV (io per il mio avevo tempo in quanto lo avrei raggiunto un anno dopo finito il mio Master). Giovanni ha inviato il CV ovunque vi fosse una posizione che lo attraesse e combaciasse più o meno con il suo percorso di ricerca fino a quel momento. Ha ottenuto diverse risposte in diversi stati e abbiamo deciso per Seattle, WA dove la posizione lavorativa sembrava essere la più interessante per lui. Poco dopo è partito e ci siamo visti ogni 3 mesi circa. Io ho finito il mio Master in Terapia Familiare e ho poi iniziato a cercare sia possibilità ulteriori di studio che di lavoro nel mio campo. Prima però mi sono iscritta ad un corso di inglese intensivo all’Università di Washington e ho speso il primo anno a studiare inglese!
Vado a lavorare in USA…. Silvia, quali sono le cose positive di vivere in America?
Penso di mettere al primo posto la diversità culturale. Certo abbiamo sempre vissuto in città metropolitane e ricche di università per cui è normale essere circondati da persone che vengono da ogni parte del mondo (questo succede meno nelle realtà rurali). Secondo, la buona educazione verso chiunque senza differenza di classe o etnia. Buona educazione significa anche attenzione all’atro, alla “community” in cui vivi. Personalmente mi sono molto sentita rieducata all’altruismo di tutti i giorni, al rispetto nelle piccole cose. Nonostante sia io che mio marito siamo cresciuti in famiglie meravigliose e molto coinvolte nel volontariato, siamo pure vissuti nella società italiana che nella vita di tutti i giorni premia il furbetto, il disonesto, quello che passa davanti alle poste….Ovviamente generalizzo e il marcio è ovunque! Ma da quando viviamo qui siamo diventati molto più sensibili alla felicità altrui nonché dell’ambiente. Matrimoni gay, siiii! Il lavoro è un’atra cosa positiva, nonostante la crisi i lavori ci sono sempre e se sei un professionista (come noi) sei pagato adeguatamente alla tua prestazione professionale. Ovviamente anche qui il settore privato paga di più del pubblico, lo Stato si sa, è sempre in bolletta! La meraviglia della natura, oceano, foreste, paesaggi incredibili ai quali non c’è mai fine! Infine, il patriottismo, mi scendono sempre le lacrime alle partite di baseball quando tutti tolgono il cappello e cantano l’inno, è davvero così!
Vado a lavorare in USA: quali gli aspetti negativi?
I visti! Purtroppo vivere in America da straniero significa convivere con l’immigrazione e i visti. Non è facile diventare cittadino americano al giorno d’oggi e i visti più veloci da ottenere sono di solito legati alla carriera universitaria, che però non paga molto fino a che non si raggiunge un certo livello nella scala gerarchica. Avere a che fare con i visti è un po’ come vivere in un labirinto, può essere davvero dura. Le armi da fuoco, si sa che si comprano nei grandi supermercati. Personalmente noi non abbiamo avuto problemi in prima persona, ma abbiamo sofferto delle stragi che sono accadute in questi anni. Argomento controverso, e triste. Essere lontano da famiglia e amici, davvero durissima. E ancor più dura farsi degli amici che puoi chiamare famiglia. Ci vuole molto tempo, le differenze culturali sono a volte gigantesche, è dura. Il cibo italiano (inimitabile), il mare e gli spritz in piazza…, mancano soprattutto d’estate. Noi abbiamo sempre vissuto sull’oceano, prima il Pacifico ora l’Atlantico a Boston: certe spiagge sono meravigliose, ma l’acqua è gelida e nella maggior parte delle volte se vuoi vivere vicino alla spiaggia vicina devi essere milionario! Infatti in America paghi la qualità di vita.
Ti sei mai pentita della tua scelta?
Ah, ah, ah, parecchie volte ad essere sincera. Ma di un pentimento temporaneo, dovuto alla frustrazione delle circostanze. Le difficoltà non si fuggono, ne qui ne da nessun altra parte, e a volte guardare indietro a ciò che è familiare è fin troppo umano. Ma ho imparato qui, dove ho incontrato anche il Buddismo di Nichiren Daishonin, che si deve sempre guardare in avanti e cosi facendo il pentimento ha meno chances. Inoltre sono cresciuta molto come persona e mi sono arricchita umanamente così tanto che se tornassi indietro lo rifarei! Mio marito no, non se ne è mai pentito, soprattutto perché si sarebbe pentito di più a rimanere in Italia.
Tornerai in Italia?
Per ora non crediamo di tornare in Italia. Abbiamo un pupetto in arrivo e non vediamo l’ora che nasca su suolo americano seppure di sangue italiano (cosi non avrà problemi di visti, quando si nasce in America si e’ americani in automatico). L’Italia è il punto di partenza, un porto sicuro dove la famiglia e gli amici ci amano incondizionatamente. Questo lo portiamo sempre con noi, per cui a parte un po’ di nostalgia che curiamo con una puntatina annuale, l’intenzione è di stare qui ed esplorare nuove possibilità!
Consiglieresti a qualcuno di affrontare il tuo stesso percorso?
Armati di coraggio e pazienza e con i sogni nello zaino, sì! Mi farei ben consigliare però riguardo ai visti, al costo della vita, per partire con qualche rete di sicurezza. Noi oggi abbiamo ottenuto la Green Card, ma quante sofferenze per arrivarci! Spostare la propria vita è un passaggio radicale, che ti cambia senza ritorno. Vale assolutamente la pena di farlo se spinti dal desiderio di cambiamento e in accordo con le proprie condizioni di vita. Se poi si vuole provare il brivido di fare la spesa in pigiama senza che nessuno manco se ne accorga, bhe, l’America è il posto ideale!