Marco Brun un HR differente

Questa settimana per il nostro consueto appuntamento con interviste e testimonianze dei più rappresentativi HR del nostro territorio intervistiamo il Dott. Marco Brun che ricopre il ruolo in IC Intracom Italia S.p.A. una realtà giovane e performante del nostro territorio. Dottor Brun ci può raccontare come è approdato alla posizione che a tutt’oggi ricopre? E’ […]

Marco Brun un HR differente

Questa settimana per il nostro consueto appuntamento con interviste e testimonianze dei più rappresentativi HR del nostro territorio intervistiamo il Dott. Marco Brun che ricopre il ruolo in IC Intracom Italia S.p.A. una realtà giovane e performante del nostro territorio.

Dottor Brun ci può raccontare come è approdato alla posizione che a tutt’oggi ricopre?

E’ stata una strada un po’ lunga, lasciamo stare, partiamo da qua.

Secondo lei, quali sono gli aspetti determinanti e predominanti della sua professione?

Le aziende sono fatte di persone e ogni persona è diversa, ragiona in modo diverso, ha capacità, attitudini e caratteristiche diverse, ha aspettative ed è portatrice di interessi diversi.

Lo scopo dell’HR è quello di far sì, per rendere l’idea, che tutti remino, e che remino nella stessa direzione, ed evitare che qualcuno remi meno, o che non remi o, che intralci chi rema o, peggio, che remi addirittura in una direzione diversa.

Fare in modo cioè che il personale esprima efficienza e l’azienda possa usare al meglio tutte le proprie risorse per competere con il mercato anziché per risolvere conflitti ed inefficienze interne.

A suo parere l’HR di una grande azienda, quale quella in cui lei opera, quali competenze professionali è indispensabile debba possedere? E’ più importante l’aspetto tecnico o quello psicologico?

Nel ruolo di HR credo che le competenze psicologiche siano essenziali. Il ruolo dell’HR è fatto di relazioni (umane) e queste non possono essere gestite efficacemente senza sensibilità che non possono essere solo tecniche. Sarebbe bello, ma non è così, le persone sono persone e si comportano da persone.

La nostra realtà è fatta di PMI, secondo lei su cosa deve puntare principalmente chi segue le Risorse Umane in questo contesto?

La risposta è molto semplice e scontata: fare in modo che l’ambiente di lavoro sia sereno, che le persone siano soddisfatte e gratificate del proprio lavoro, in altre parole: che le persone lavorino volentieri e quindi bene.

Quali sono le sfide che oggi si ritrova ad affrontare chi ricopre un ruolo come il suo?

La situazione di mercato negativa rende tutto più difficile, i rapporti umani sono più difficili, cresce la frustrazione e l’insoddisfazione, la conflittualità, tende a farsi strada il pessimismo.

La sfida è riuscire a fare in modo che l’equipaggio manovri bene non con il mare calmo, ma con il mare in tempesta.

Domanda scontata ma doverosa: il nostro paese sta attraversando un lungo periodo di crisi economica; in questo contesto lei ha dovuto cambiare qualcosa nella sua gestione?

Quando il lavoro non cade dall’alto ma bisogna cercarlo, quando le opportunità vanno create, occorre che ogni collaboratore dia il meglio di sé, bisogna inventare, bisogna trasformare i problemi in opportunità.

L’HR in questo caso ha un po’ il ruolo dell’allenatore, che quando si è in difficoltà deve riuscire a tirare fuori il meglio da ogni giocatore per vincere la partita.

Quale ritiene sia l’aspetto più difficile della sua professione?

Le persone non sono macchine, non fanno automaticamente quello che ci si aspetta, non si schiaccia il pulsante ed eseguono il compito.

Gestire persone significa prima di tutto capirle, entrare nelle loro teste e riuscire a vedere le cose dal loro punto di vista, e questo è molto difficile.

Altrimenti, dire, chiedere, ordinare e pretendere porta solo a risultati scarsissimi ed enormi frustrazioni.

Nella sua lunga carriera professionale ha qualche ricordo di fatti significativi, belli o meno belli, che le hanno lasciato un segno importante?

Non direi fatti significativi, direi che tutti siamo il risultato delle esperienze che ci modificano impercettibilmente ogni giorno, come un albero che cresce ed ogni giorno è diverso, anche se ad occhio non si vede la differenza.

Ci può raccontare quello che per lei è stato il risultato personale di maggior successo raggiunto?

Molti, ma non li voglio raccontare, me li tengo per me.

Ci sono molti giovani che si stanno avvicinando a questa professione o l’hanno appena intrapresa, dall’alto della sua significativa esperienza si sente di dar loro qualche consiglio affinché possano affrontarla al meglio?

Vanno bene i soliti vecchi consigli di buon senso e buoni per tutte le occasioni: ascoltare, avere pazienza ma determinazione, imparare, non pensare mai da sapere tutto.

Negli ultimi anni abbiamo conosciuto molte, forse troppe riforme del lavoro. Se lei domani fosse chiamato a ricoprire la carica di Ministro del Lavoro in che direzione andrebbe, cosa cambierebbe pensando di essere utile alla collettività?

Un conto è sapere cosa andrebbe fatto, altro ben diverso è poterlo fare.

Marco Brun

Se non superiamo i vecchi schemi mentali del lavoratore contrapposto all’azienda che lo sfrutta non andremo mai da nessuna parte.

Occorre creare competitività, efficienza, meritocrazia, non blindare i contratti di lavoro credendo di tutelare i lavoratori, ottenendo invece solo l’effetto contrario.

Ma questo lo sanno tutti, il problema è demolire il sistema autoreferenziale e autoconservativo, l’Italia è come un aereo con il pilota automatico bloccato che non si riesce a disattivare.

Marco Brun

HR Manager IC Intracom Italia Spa