Martina Gorza, una splendida professionista delle risorse umane

In questo articolo abbiamo il piacere di ospitare il contributo della Dott.ssa Martina Gorza, Associate Partner di YourHR. Con Martina abbiamo collaborato a lungo durante la sua esperienza come HR Manager in Clivet Spa apprezzandone le qualità professionali e personali. Ora ha scelto di mettere la sua esperienza a disposizione delle aziende del territorio come […]

Martina Gorza, una splendida professionista delle risorse umane

In questo articolo abbiamo il piacere di ospitare il contributo della Dott.ssa Martina Gorza, Associate Partner di YourHR. Con Martina abbiamo collaborato a lungo durante la sua esperienza come HR Manager in Clivet Spa apprezzandone le qualità professionali e personali. Ora ha scelto di mettere la sua esperienza a disposizione delle aziende del territorio come consulente e siamo certe che molti ne potranno beneficiare.

Leggi l’intervista che la nostra Responsabile Commerciale Laura Cappai ha fatto a Martina Gorza, una splendida professionista delle risorse umane.

Ci può raccontare come è approdata al ruolo che ad oggi ricopre?

Inizialmente ho scelto questa professione per non fare quello per cui avevo studiato e cioè la ragioniera! Ho scelto questo percorso di studi per le opportunità che poteva fornire ma, strada facendo, ho realizzato che l’ambito contabile/amministrativo non sarebbe stato la mia strada, d’altra parte una ragioniera che si diploma portando lettere all’esame di maturità qualcosa lo nascondeva!

La scintilla per le Risorse Umane è scoccata quando ho deciso di frequentare un corso integrativo al diploma sulla gestione del personale. All’epoca non c’era un percorso di studi che ti preparasse per questa professione e quindi, grazie alle conoscenze acquisite con questo corso, agli inizi della mia carriera in azienda sono stata cercata proprio per ruoli legati al personale.

Ho lavorato per vent’anni in Clivet S.p.A., dove ho avuto la fortuna di crescere e di formarmi, di avere tante responsabilità da gestire con un imprenditore che ha creduto nelle mie possibilità di riuscire, che mi ha spesso dato carta bianca. La scelta invece di lavorare nella consulenza è stata molto consapevole ed è maturata negli ultimi quattro anni di azienda, dopo essere entrata in contatto con alcuni consulenti e averne apprezzato l’approccio.

Ricordo ancora la prima consulenza nata grazie a Riccardo Bianchi mio carissimo amico ed ex collega, la soddisfazione e il divertimento di quella giornata mi hanno aperto un mondo. Da libero professionista seguo soprattutto la parte organizzativa e di sviluppo, collaboro con una società di consulenza che si chiama Ractec Srl, dove ho trovato persone che hanno creduto in me, a partire proprio dall’amministratore, l’Ing. Livio Minca. Da luglio di quest’anno sono entrata a far parte di YOURgroup, un’organizzazione di professionisti, di cui il chariman è Andrea Pietrini, che ha introdotto nel nostro paese il concetto di Fractional Executive. Per ogni area chiave dell’azienda offriamo supporto operativo “on site” tramite un team di contract manager con lunga esperienza aziendale in società leader di mercato. Direi che il divertimento non mi manca!

Secondo lei, quali sono gli aspetti determinanti e predominanti della sua professione?

Un aspetto imprescindibile riguarda la parte più tecnica del lavoro, che richiede una preparazione giuslavoristica, amministrativa e gestionale del rapporto di lavoro sulla quale non ci si può assolutamente improvvisare. E’ poi fondamentale la parte di selezione del personale, troppo spesso si impara a fare i colloqui affiancando il collega senior e questo può, forse, andare bene quando si è agli inizi ma non si può trascurare il fatto che esiste una specifica metodologia per gestire correttamente un colloquio e affinare la tecnica per focalizzarsi sulle skills del candidato che dovranno essere utili in azienda. Andando invece in ambito soft skills direi l’ascolto, la competenza più difficile da imparare nella comunicazione. Infine, credo che questo sia un ruolo adatto per chi non ama essere protagonista poiché sono i managers che devono essere in prima scena nella gestione delle persone, usando una similitudine direi che vedo l’HR come il “miglior attore non protagonista”!

A suo parere l’HR di una grande azienda, quali competenze professionali è indispensabile debba possedere? E’ più importante l’aspetto tecnico o quello psicologico?

Una competenza indispensabile è il saper lavorare per processi perché ti permette di essere efficiente, pensando poi che questa grande azienda sia anche di respiro internazionale diventa essenziale saper gestire un team integrando e rispettando le diverse culture. Infine aggiungerei la capacità di negoziazione, competenza erroneamente associata solo alle vendite, ma che invece spesso fa la differenza nella gestione HR. Fondamentale, la parte inerente alla comunicazione, all’empatia, alla passione che puoi trasmettere è quella che ti permette di fare la differenza, per me rappresenta un po’ il cappello di tutto.

La nostra realtà è fatta di PMI, secondo lei su cosa deve puntare principalmente chi segue le Risorse Umane in questo contesto?

Qui la parola d’ordine è flessibilità. I cambiamenti sono talmente repentini, con una visibilità limitata che non è pensabile operare senza avere sempre pronto un piano B. Nelle PMI penso che sia importante l’aspetto della comunicazione verso l’alto. In queste strutture dove il supporto della competenza manageriale è spesso insufficiente, l’imprenditore o L’AD hanno bisogno di trovare nell’HR un appoggio che fornisca soluzioni, e supporto per costruire il team. Credo molto nel modello di Fractional Management di YOURgroup, che può fornire supporto operativo in azienda, anche per un tempo breve o per una situazione specifica attingendo a competenze di figure che hanno un vissuto aziendale di spessore con dei costi adeguati alla realtà in cui ci si trova.

Quali sono le sfide che oggi si ritrova ad affrontare chi ricopre un ruolo come il suo?

Per quanto mi riguarda la sfida più stimolante è legata al saper valorizzare e gestire le 4 diverse generazioni che oggi si trovano fianco a fianco in azienda, penso che questo aspetto venga oggi ancora sottovalutato. E’ completamente diverso l’approccio che è necessario avere con un giovane neolaureato di 25 anni rispetto alla persona di 60 anni, con un vissuto di tutt’altro tipo. Sono persone motivate da spinte diverse. Gestire generazioni che parlano linguaggi diversi richiede desiderio di capire prima di agire e tanta professionalità e perché no un po’ di creatività pensando fuori dagli schemi. Vedo comunque questa sfida come una grande opportunità, secondo me chi riuscirà in questo avrà una marcia in più nel Business.

La figura dell’HR sta diventando sempre più incisiva e preponderante; secondo lei la funzione subirà un’evoluzione e se sì, cosa potrebbe cambiare e come vede il suo ruolo da qui in avanti?

La mia interpretazione personale l’ho già data con la scelta di mettere a disposizione la mia competenza come consulente, questo è sempre stato il mio stile anche quando lavoravo in azienda, mi sono approcciata come un counselor per i colleghi managers ed ho evitato il più possibile di sostituirmi a loro. Non credo in una figura di HR altamente predominante ma bensì di affiancamento nelle attività. Credo inoltre in una figura HR che sia sempre più coinvolta nelle dinamiche di business, lavorando molto in anticipo rispetto ai programmi dell’azienda, preparando per tempo le risorse per quello che sarà il domani. Da tempo vedo i collaboratori come i “clienti” più importanti per un’Azienda e la funzione HR come l’olio che fa girare bene gli ingranaggi di un’organizzazione.

Domanda d’obbligo: il nostro paese sta attraversando un lungo periodo di crisi economica; in questo contesto lei ha dovuto cambiare qualcosa nella sua gestione?

E’ cambiato tutto, ma dopo così tanto tempo non so se è coretto parlare di “crisi economica”, direi più che questo è il terreno in cui si gioca la partita di chi si trova a lavorare in questi anni, meglio attrezzarsi con strumenti adeguati.  Dal 2009, dopo aver lavorato prevalentemente in crescita, si è reso necessario lavorare sull’efficienza e sul mantenere le azienda competitive, purtroppo anche attraverso passaggi dolorosi che hanno coinvolto molte persone. Chi lo ha saputo fare bene è diventato più rispettoso, più attento, si interroga di più, è più veloce e flessibile ed ha sempre un piano di riserva.

Quale ritiene sia l’aspetto più difficile della sua professione?

Essere consapevoli che chi opera nell’ambito delle Risorse Umane lavora con il materiale più prezioso, un HR non tocca macchine, pezzi o prodotti ma tocca persone. E’ necessario molto rispetto e un’attenta analisi prima di porre in essere delle azioni. Quando un HR sta ridisegnando un organigramma, un‘organizzazione, ha in mano la vita delle persone e questo va fatto con attenzione e con preparazione. Per me ci sono due parole chiave in questo lavoro: rispetto e valorizzazione. Per chi ha questo ruolo è un dovere cercare gli elementi di valore della persona che ha di fronte, sebbene non sia detto che quest’ultima voglia sempre metterli a disposizione.

Nella sua carriera professionale ha qualche ricordo di fatti significativi, belli o meno belli, che le hanno lasciato un segno importante?

Ci sono stati entrambi ma i fatti belli sono predominanti. Faccio questo lavoro con l’ardire di pensare di lasciare sempre qualcosa di me alle persone con cui entro in relazione. Quando le persone che ho incontrato mi hanno riconosciuto questo, per me è stata una grande soddisfazione, penso a chi si commuove perché lo scegli per una posizione lavorativa, chi ti abbraccia per un contratto e tempo indeterminato o persone che hai aiutato a capire quale fosse il loro percorso professionale. Se invece rifletto sulla circostanza professionale più tosta che ho affrontato mi viene in mente il libro di Mario Calabresi “La mattina dopo”. Penso alla mia “mattina dopo” quando ho dovuto lasciare l’azienda per cui lavoravo da vent’anni, non è stato facile lasciare il noto per l’ignoto ma alla fine è stata l’occasione per concretizzare quello che avevo in mente da qualche anno. Ho fatto una scelta impegnativa ma che oggi mi dà grandi soddisfazioni e che certamente non avrei potuto fare senza il supporto della mia famiglia e degli amici veri.

Questo è un ruolo che comporta relazioni e scambi continui. Fra i tanti e diversi momenti, ricorda un aneddoto divertente?

Certo, sorrido ancora pensandoci! E’ stato il primo colloquio con un dirigente, io ero molto inesperta di questo tipo di selezioni. Mi sono preparata al meglio, e con un po’ di ansia da prestazione ho affrontato il colloquio di questo direttore commerciale di lunga esperienza. Ad un certo punto arrivano le sue di domande e giustamente mi chiede l’andamento del turnover dell’azienda, molto sicura di me rispondo che il turnover non era per noi assolutamente rilevante e che, anzi, era ridottissimo… peccato che lui ovviamente si riferisse al fatturato mentre io al turnover del personale. L’ho capito un po’ di tempo dopo partecipando ad una riunione ed ho riso tanto, lui però devo dire era stato un signore e si era limitato ad ascoltarmi senza infierire.

Ci può raccontare quello che per lei è stato il risultato personale di maggior successo raggiunto?

Il risultato di maggior successo per me è sentire i miei figli quando mi dicono: “Mamma, hai gli occhi contenti, si vede proprio che il lavoro che fai ti piace!”. Cinque anni fa ho avuto la fortuna di incontrare Bruno Bozza un trainer professionista durante una giornata di formazione, ricordo che, nel presentare sé stesso e la sua attività, era assolutamente evidente che quello che stava facendo era dettato dal puro piacere di farlo, in quel momento è scattato qualcosa in me e mi è stato chiaro il segno che avrei voluto lasciare. E’ proprio vera l’affermazione che dice “scegli un lavoro che ti piace e non lavorerai mai più un altro giorno”.

Ci sono molti giovani che si stanno avvicinando a questa professione o l’hanno appena intrapresa, dall’alto della sua significativa esperienza si sente di dar loro qualche consiglio affinché possano affrontarla al meglio?

Il mio è un consiglio valido per tutte le professioni ed è “fate quello che vi piace” e se non vi piace, cercate finché non lo avete trovato, non accontentatevi! Siate soddisfatti ma incontentabili e tremendamente curiosi! Per quanto riguarda invece nello specifico il lavoro di HR più che un consiglio mi sento di dare una raccomandazione che è quella di “non fare” questo lavoro perché vi piace “stare in mezzo alla gente”.  Questa è una professione che alle volte ti può portare ad essere molto solo per esempio, quando si devono prendere decisioni a livello apicale che non possono di certo essere condivise con le persone che, invece, devono essere protette.

Negli ultimi anni abbiamo conosciuto molte, forse troppe riforme del lavoro. Se lei domani fosse chiamata a ricoprire la carica di Ministro del Lavoro in che direzione andrebbe, cosa cambierebbe pensando di essere utile alla collettività?

Avrei il coraggio di riscrivere tutto. Ci sono norme troppo vecchie nel nostro ordinamento. Nel tempo è stato fatto un lavoro di riscrittura parziale e ad incastro di parti su parti, al punto che diventa anche difficile, in alcuni casi, capire come sia corretto procedere. Darei un’impronta slegata dalla coercizione e da limiti sempre crescenti, e qui penso al recente decreto dignità. Non credo che una normativa che vada a stringere con regole sempre più rigide sia una risposta valida. Non credo nemmeno in alcune forme di assistenzialismo, servono strumenti e flessibilità per affrontare i cambi repentini di mercato. Lo stesso vale per il mondo femminile, le donne non hanno bisogno solo di una corsia preferenziale, certo sono importanti per creare la breccia ma poi necessitano di servizi che consentano loro di lasciare i figli in luoghi sicuri e ad un costo sostenibile, hanno diritto di poter stare in maternità senza dover partorire sul posto di lavoro per non essere demansionate. Bisogna creare cultura, non assistenzialismo!

Martina Gorza nasce a Feltre il 19 febbraio 1974

Dal 2016 è un HR Consultant con uno stile di leadership sistemico e trasformazionale orientato al miglioramento continuo possiede elevate capacità di comunicazione e team building.  Esperta di tematiche relative alla mappatura e valutazione delle competenze, sviluppo delle risorse e dell’organizzazione a supporto del Business.
In precedenza 20 anni di esperienza come HR e HR Global Director per Clivet (a Group Company of Midea – 330 nel ranking Forbes), accresce le sue competenze partecipando a numerosi corsi di gestione manageriale, comportamentale, sviluppo dell’organizzazione e delle competenze. Consegue il «Life Initiative For Leadership» presso il CIMBA.