Questa settimana diamo inizio ad una serie di interviste a degli stimati professionisti delle Risorse Umane. Siamo sicure che la loro esperienza di uomini abituati ad operare in prima linea in un settore così importante e complesso possa essere un aiuto prezioso per tutti coloro che per motivi diversi ne vengono a contatto. Mirco Zin ci racconta la sua vita da […]
Questa settimana diamo inizio ad una serie di interviste a degli stimati professionisti delle Risorse Umane. Siamo sicure che la loro esperienza di uomini abituati ad operare in prima linea in un settore così importante e complesso possa essere un aiuto prezioso per tutti coloro che per motivi diversi ne vengono a contatto.
Mirco Zin ci racconta la sua vita da HR
Per la prima intervista si è prestato con estrema disponibilità e gentilezza il Dott. Mirco Zin, Direttore del Personale del Gruppo Savio, grande ed importante realtà della città di Pordenone.
Ci può raccontare come è approdato al ruolo che a tutt’oggi ricopre?
Mi sono laureato in Giurisprudenza nel 1983 ed ho iniziato quasi subito il praticantato presso uno Studio Legale. Ben presto però mi resi conto che questa attività non mi entusiasmava più di tanto e quando nel 1986 mi si presentò l’opportunità di entrare in Savio come addetto alla gestione del personale la colsi immediatamente ed eccomi ancora qui. Questa scelta fu motivata dal fatto che la realtà aziendale mi attraeva di più perchè consente di iniziare un lavoro e vederne i risultati in termini ragionevolmente brevi mentre questo risulta più complicato per l’attività legale.
Ciò non esclude che a volte anche nel ruolo di HR si debba aspettare un po’ prima di veder realizzati determinati risultati, ma in complesso c’è sicuramente la possibilità di influire in maniera più rapida. Col senno di poi credo di aver fatto la scelta più adatta alle mie caratteristiche personali.
Secondo lei quali sono gli aspetti determinanti della sua professione?
Penso che ce ne siano tanti, tutti molto importanti al fine del raggiungimento di buoni risultati. Uno degli aspetti fondamentali penso sia la disponibilità ad ascoltare le persone per poter creare una rete di informazioni, anche non ufficiali, all’interno ed all’esterno del contesto aziendale, utili per il mio lavoro. Spesso questo permette di intervenire in maniera tempestiva ed efficace di fronte ad eventuali difficoltà. Bisogna dunque essere in grado di cogliere anche l’intangibile, avere la sensibilità di fiutare l’aria e capire le eventuali cause che hanno determinato l’insorgere di situazioni più o meno problematiche per riuscire a risolverle nel migliore dei modi.
A suo parere l’HR di una grande azienda quali competenze professionali è indispensabile debba possedere? E’ più importante l’aspetto tecnico o quello psicologico ?
A mio avviso una persona che occupa un ruolo come il mio deve aver sempre sete di apprendere, evitare la staticità e non adagiarsi in maniera sistematica ed abitudinaria a seguire le tracce del lavoro svolto negli anni precedenti; bisogna essere aperti alle novità e metterle in pratica reinventandosi e rinnovandosi giorno dopo giorno senza timore di affrontare il “non conosciuto”.
Il mondo del lavoro, e non solo, è in continua evoluzione e bisogna essere molto dinamici e flessibili per cogliere i segnali di cambiamento ed innovazione e tenersi aggiornati. Importante a questo proposito non sentirsi mai arrivati, non dare nulla per scontato e soprattutto mantenere un pizzico di umiltà che è la dote più bella che una persona che ricopre il mio ruolo possa avere.
Trovo che, rispetto al passato, il ruolo dell’HR si sia pian piano modificato e che ci sia una differenza di azione abissale. Infatti se prima si aveva a disposizione maggior tempo per pianificare, agire, trovare soluzioni, ora tutto gira in maniera vertiginosa e se non si hanno velocità di azione e capacità di sintesi si corre il rischio di essere tagliati fuori dal gioco. Occorre molta abilità nel cogliere da fronti diversi, le informazioni più importanti per poter intervenire in maniera efficace.
Ci siamo soffermati sulle competenze tecniche e giuslavoriste che chi ricopre il mio ruolo deve possedere, queste però vanno strettamente a braccetto con alcuni aspetti psicologici altrettanto importanti da non sottovalutare. E se le prime sono indispensabili perché permettono di agire nel rispetto delle norme, per gestire le persone bisogna tener conto che gli aspetti psicologici consentono di avere la sensibilità di comprendere fino a dove spingersi, come comportarsi con buon senso all’interno di determinate regole che devono necessariamente essere osservate.
Ricordiamoci che non ci sono scuole che formano gli HR, le provenienze di queste figure sono varie. Teoricamente sembra che chiunque possa svolgere questa professione ma non è così. I risultati portati cambiano a seconda delle qualità umane e professionali di ciascuno di noi.
La realtà italiana è fatta prevalnetemente di PMI, secondo lei su cosa deve puntare principalmente chi segue le Risorse Umane in questo contesto ?
Mi ritengo molto fortunato nello svolgere il mio ruolo in una grande Azienda: talvolta confrontandomi con alcuni colleghi che operano in piccole realtà imprenditoriali scopro che non sempre si riesce a far comprendere a tutti gli aspetti che compongono la gestione delle risorse Umane, certo non è la regola, ma accade.
Un consiglio è quello di tenersi costantemente aggiornati confrontandosi con i colleghi; nessuno di noi ha in mano la soluzione perfetta, credo però che chi riesce ad adattare al proprio contesto informazioni derivanti da un confronto con altri possa ottenere buoni risultati. Succede come quando si andava a scuola, se la cavava chi aveva l’abilità di raccogliere suggerimenti, rielaborandoli per farne una sintesi personale migliore.
Quali sono le sfide che oggi si ritrova ad affrontare chi ricopre un ruolo come il suo?
Attualmente per me la sfida più difficile è riuscire a trovare buone competenze professionali nei paesi esteri in cui la mia Azienda è presente, Cina e India principalmente. Trovo complicato rapportarsi con colleghi di altri paesi ed individuare le figure adeguate da reperire nel mercato locale. Anche le Società di ricerca del personale incontrano le medesime difficoltà, soprattutto per quanto attiene le figure di middle management in quanto in quei contesti industriali scarseggiano le competenze necessarie.
Su questo fronte sempre aperto mi confronto quotidianamente e confesso che la cosa mi crea non poche difficoltà. Tento di imboccare nuove strade andando un po’ per tentativi, a volte funziona, a volte no, ma oggi rispetto a qualche anno fa, affronto il problema con una consapevolezza diversa e con il giusto equilibrio. So che non è una sfida facile ma la affronto quotidianamente con la speranza di ottenere risultati sempre migliori.
Domanda d’obbligo: il nostro paese sta attraversando un lungo periodo di crisi economica; in questo contesto lei ha dovuto cambiare qualcosa nella sua gestione?
Il fatto che questa crisi sia così conclamata, anche se per fortuna la mia Azienda non ne ha risentito in modo marcato, mi ha aiutato a relazionarmi meglio con i miei interlocutori aziendali. Alcune decisioni che tempo addietro venivano prese in modo meno ponderato oggi vengono affrontate in maniera più responsabile.
Ad esempio se abbiamo bisogno di aumentare o rallentare la produzione ci avvaliamo di risorse in somministrazione ma facciamo molta attenzione a quello che può essere il contesto sociale privilegiando ad esempio chi ha famiglia e ha perso il posto di lavoro; verifichiamo quale possa essere la migliore soluzione temporale per i somministrati cercando di ridurre per quanto possibile i picchi tra entrate ed uscite. Questo nostro operato ha ottenuto buoni apprezzamenti da parte del Sindacato di categoria e ha creato maggiore flessibilità e consapevolezza tra i nostri dipendenti.
Quale ritiene sia l’aspetto più difficile della sua professione?
Come accennavo prima, l’aspetto più difficile per me è quello di ben coniugare l’aspetto tecnico e quello psicologico. Pongo sempre estrema attenzione a questi due aspetti cardine e mi spiace constatare che a volte il contesto esterno non abbia la stessa sensibilità.
Ci sono molte resistenze da parte di un sistema un po’ rigido nel giudicare in modo imparziale l’operato dell’azienda e quello del lavoratore; noi fortunatamente abbiamo pochissimi contenziosi ma ho l’impressione che chi giudica spesso punti comunque il dito contro l’Azienda. Questo è un altro aspetto piuttosto difficile ed ostico che riscontro nell’esercitare il mio ruolo.
Nella sua lunga carriera professionale ha qualche ricordo di fatti significativi, belli o meno belli, che le hanno lasciato un segno importante?
Certo c’è un ricordo indelebile che sotto certi aspetti posso definire bello e brutto contemporaneamente. Nel 1998, causa acquisizione da parte di un grosso Gruppo Industriale, la mia Azienda ha dovuto operare una ristrutturazione molto pesante che ha comportato l’uscita a vario titolo di un centinaio di persone. Questo fatto per me molto doloroso ha avuto un risvolto che definirei positivo. Sono riuscito infatti ad aprire un dialogo con ciascuna delle persone interessate per concordare determinate soluzioni e malgrado 15 giorni di grande stress la questione si è conclusa arrivando ad una soluzione civile ed accettabile ed il rapporto tra me ed i miei interlocutori è rimasto buono. Ecco perchè ritengo che in parte quel momento della mia vita lavorativa così difficile mi ha lasciato comunque un buon ricordo.
Ci può raccontare quello che per lei è stato il risultato personale di maggior successo raggiunto?
C’è effettivamente qualcosa che ritengo di aver realizzato. Quando entrai in Savio l’Azienda usciva da un lungo periodo di difficoltà, era ancora poco attrattiva nei confronti dell’esterno; oggi ci troviamo in una situazione completamente opposta. Penso di aver dato il mio contributo a raggiungere questo risultato. Sono riuscito a portare in Azienda figure di rilievo che hanno consentito di dare una svolta positiva in anni difficili e noto con soddisfazione che l’effetto continua e ci permette di andare avanti sempre meglio.
Ci sono molti giovani che si stanno avvicinando a questa professione o l’hanno appena intrapresa, dall’alto della sua significativa esperienza si sente di dar loro qualche consiglio affinchè possano affrontarla al meglio?
La mia non è una professione facile né scontata come sembra. La professione di HR può dare grandi soddisfazioni ma anche creare una serie infinita di problemi. Il primo requisito che a mio parere occorre possedere è una grandissima determinazione nel volerla esercitare poichè non ci sono tante realtà che la prevedono, gli spazi sono piuttosto limitati. Altri aspetti importanti che è bene non sottovalutare sono la disponibilità nei confronti degli interlocutori, il saper ascoltare e portare il massimo rispetto nei confronti di tutti; non dimenticherei di sottolineare che è necessario essere consapevoli che la posizione richiede una gestione dello stress piuttosto impegnativa.
Negli ultimi anni abbiamo conosciuto molte, forse troppe riforme del lavoro. Se lei domani fosse chiamato a ricoprire la carica di Ministro del Lavoro in che direzione andrebbe, cosa cambierebbe pensando di essere utile alla collettività?
Bella domanda! Di sicuro cercherei di rendere il lavoro più flessibile, senza peraltro arrivare ad un’esagerazione di precariato perenne, perchè se è vero che se si precarizza troppo è difficile che migliori l’occupazione stabile, anche l’irrigidimento totale non la fa certo aumentare. Vede, forse non è facile, bisognerebbe sforzarsi di agire in maniera più equilibrata possibile. Di sicuro però, stabilirei delle regole certe che dovrebbero valere per tutte le parti e non solo per alcune, in poche parole massima tutela per i lavoratori ma anche una giusta doverosa attenzione per le imprese, evitando il “far west” di certe piccole realtà e la rigidità “ministeriale” presente nelle grandi. Questo dovrebbero capirlo politici, legislatori e giudici, ma per farlo dovrebbero provare a mettersi nei panni degli altri…
Chi è Mirco Zin
Nasce a Pordenone il 27 settembre 1956, si laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Trieste. Dal 1983 al 1985 svolge attività di praticante procuratore presso uno Studio Legale di Pordenone, insegnando materie giuridiche ed economiche presso un Istituto Tecnico Commerciale privato. Nel 1986 Entra in Savio Macchine Tessili SpA nell’area Personale come addetto alle Relazioni Industriali in formazione. Dal 1990 al 1994 è Responsabile Relazioni Industriali del Gruppo Savio, che fa parte di ENI SpA. Con la privatizzazione di Savio Macchine Tessili SpA ne 1995 diventa Responsabile della Gestione e Sviluppo del Personale. Nel 2001 viene nominato Direttore del Personale e dal 2008 si occupa del coordinamento dell’area personale del Gruppo Savio.