Alberto Turlon: le nuove vie della Talent Acquisition

Per la nostra rubrica The Question Corner, abbiamo avuto il piacere di intervistare Alberto Turlon, Talent Acquisition and Employer Branding Partner di un importante gruppo dalla lunga tradizione metalmeccanica.

Insieme scopriremo le nuove sfide della Talent Acquisition e come l’evoluzione del mercato del lavoro influenzi il ruolo di chi si occupa di Ricerca e Selezione del personale, plasmandone competenze e sfide future.

Alberto Turlon: le nuove vie della Talent Acquisition

Il ruolo della Talent Acquisition è diventato sempre più strategico e legato al business di un’azienda, proprio perché il suo operato si riflette notevolmente sul futuro stesso del business.

Come cambia quindi il lavoro delle Risorse Umane? Quali sono le nuove direttrici nella ricerca dei talenti? Lo scopriamo in questa intervista.

Iniziamo con una breve presentazione: ci racconti un po’ del suo percorso di carriera.

Mi sono laureato in Scienze internazionali e diplomatiche all’Università di Trieste e in seguito ho conseguito un Master in diritto internazionale e gestione dei conflitti presso la Scuola Sant’Anna di Pisa. All’inizio del mio percorso professionale, ero orientato verso il mondo delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali.

Mi ero trasferito a New York, per supportare la rappresentanza all’ONU dell’Italia, che all’epoca era membro non permanente del Consiglio di Sicurezza. Mi occupai della moratoria internazionale dall’applicazione della pena di morte, e del rafforzamento del diritto umanitario in materia di protezione delle donne e dei bambini nei conflitti armati. Conclusa questa esperienza, sono stato assunto dall’Open Society Institute, una delle fondazioni americane più conosciute e più attive. Lì ho continuato a occuparmi di violazioni di diritti umani nel Sud-Est Asiatico come specialista di diritto internazionale. Dopo tre anni nella Grande Mela, sono rientrato in Italia dove ho cominciato a cercare un percorso lavorativo nel mondo delle aziende, in un contesto più dinamico.

Otto anni fa è arrivata la svolta. Ho avuto l’opportunità di incominciare con un ruolo completamente nuovo. Mi fu proposto di diventare “cacciatore di teste” per una consolidata società di Executive Search, dove ho capito l’importanza assoluta per le aziende di scegliere le persone giuste e di affidarsi a dei professionisti della valutazione delle competenze dei manager, della loro capacità di visione e del loro stile di leadership.

Ho continuato nel mondo della selezione del personale spostandomi in aziende multinazionali, dove ho affinato la conoscenza dei processi HR e dove mi sono specializzato in selezione di profili prima tecnici di engineering e poi di sviluppo software e Data Analytics. Da un anno e mezzo sono rientrato a Nord Est, dove ho la responsabilità di selezione ed Employer Branding per un gruppo internazionale di grande tradizione metalmeccanica.

Quali sono oggi le sfide che deve affrontare chi ricopre un ruolo come il suo?

La Talent Acquisition è sempre stata considerata una sorta di primo step per fare carriera nel mondo delle risorse umane. Oggi questo vale un po’ meno, perché il perimetro della Talent Acquisition e dell’Employer Branding richiedono una seniority e una serie di competenze specifiche sempre maggiori. Ad esempio, l’utilizzo di social media, di piattaforme software e di intelligenza artificiale è diventato determinante. La tecnologia è sicuramente la sfida più importante, perché ha cambiato l’approccio verso il mercato del lavoro.

Allo stesso tempo però la componente relazionale è diventata più complessa. I rapporti tra aziende e mercato del lavoro richiedono una costante mediazione con candidati, sempre più preparati, più talentuosi ma anche più esigenti e consapevoli delle proprie necessità e delle proprie possibilità di scelta.

Cosa possono fare le aziende italiane per restare competitive e attrarre nuovi talenti?

Fornire opportunità interne di crescita, puntare sulla formazione e agevolare il life long learning dei propri dipendenti. Sono convinto che questa strada non solo eviti la dispersione dei talenti e incentivi il merito, ma rafforzi enormemente la posizione delle aziende nel mercato.

Come costruire una buona Employee Experience in un contesto internazionale?

Non ci sono risposte semplici o univoche. Esistono diverse possibilità che possono essere messe in campo. Il mondo dei candidati è estremamente variegato e le strategie devono tenere in considerazione diversi fattori. Ci saranno sempre professionisti più interessati alla crescita professionale e ci saranno invece altri più attenti all’equilibrio vita-lavoro e a proposte di welfare integrativo, magari allargato alla propria famiglia.

Il comune denominatore però rimane la possibilità di entrare in un contesto che sia in relazione con il resto del mondo e che offra circolazione di idee e di opportunità.

Secondo Lei, che impatto avranno tutte queste sfide sull’ambito della Ricerca e Selezione? Ci sarà un’evoluzione che ne cambierà il ruolo nei prossimi anni?

Chi lavorerà nell’ambito della Ricerca e Selezione si troverà sempre più a confrontarsi con elementi di crescente complessità, tra cui l’aumento della forbice demografica, una maggiore mobilità, anche internazionale, dei professionisti di talento, e la necessità di garantire diversità e inclusività. Inoltre, si occuperà sempre di più di ricercare candidature di potenziale, di configurare percorsi di crescita già in fase di selezione, e di fare scouting interno.

Alla base continueranno a esserci tre aspetti fondamentali: trasparenza, pragmatismo e creatività.

Ha qualche ricordo di fatti significativi che le hanno lasciato un segno importante nella sua carriera professionale?

Ogni processo di selezione e ogni incontro con un nuovo candidato è fonte di novità e di apprendimento, e lascia un segno. Per me è stato importante l’aver lavorato in contesti così diversi e in settori anche molto lontani tra loro.

Ci sono molti giovani che si stanno avvicinando all’ambito delle Risorse Umane. Che consiglio darebbe loro per affrontare al meglio questa professione?

Di curare le proprie conoscenze, la propria formazione ma di non limitarsi alle tecnicalità. Vanno curati gli aspetti trasversali, le capacità relazionali. Va sviluppata la visione di lungo periodo.

Va coltivata la capacità di tracciare e prevedere dove l’organizzazione aziendale andrà in futuro, anticipando eventuali errori e proponendo cambiamenti e alternative.

Alberto Turlon

Alberto Turlon

Alberto Turlon è Talent Acquisition & Employer Branding Partner per un gruppo internazionale di grande tradizione metalmeccanica.