Contratto a termine: le novità Decreto Lavoro 2023

Lo scorso mese è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.L. 48/2023, ribattezzato come “decreto lavoro”, con l’obiettivo di introdurre misure urgenti finalizzate all’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro. Tra i vari cambiamenti, alcuni riguardano proprio i contratti a termine.

Contratto a termine: le novità Decreto Lavoro 2023

Cosa prevede il nuovo Decreto Lavoro 2023 e quali saranno le novità introdotte per i contratti a tempo determinato? In questo approfondimento, l’Avvocato Marco Caliandro di Ghea Consulting ha fatto luce sul tema, evidenziando i cambiamenti e le nuove condizioni previste per i contratti a termine.

Con il c.d. Decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023) il Governo interviene ancora una volta nell’ambito della disciplina contratto a tempo determinato, rimodulando, in particolare, l’impianto attinente alle c.d. causali da apporre ai contratti una volta superato il limite di durata dei 12 mesi.

Dobbiamo specificare che, durante l’iter parlamentare di conversione in legge, il provvedimento che ora andiamo a descrivere potrà subire importanti modifiche.

Decreto Lavoro 2023: le novità per il contratto a termine

La riforma modifica l’attuale disciplina dell’art. 19 D.Lgs. 81/2015, già rivisitata dal DL 87/2018 (Decreto “Dignità”), di fatto modificando in maniera importate le limitazioni e le condizioni previste in passato in materia di contratti a termine.

Precedentemente, fino al 4 maggio 2023, la norma stabiliva che i contratti a termine, oltre ad un primo periodo “acausale” di 12 mesi”, potessero godere di una durata non superiore a 24 mesi (se non vi erano diverse e specifiche indicazioni nella contrattazione collettiva applicata), solo se giustificata dalla presenza di alcune “causali”.

Le “causali” erano le seguenti:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività o esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Il nuovo Decreto Lavoro 2023, con l’art. 24, conferma che al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi.

Contratti a tempo determinato superiori ad un anno: le nuove condizioni

Tuttavia, la norma consente di definire una durata superiore, nel limite di 24 mesi o di quanto previsto dal CCNL adottato, ma solo in presenza di almeno una delle seguenti nuove condizioni:

a) specifiche esigenze previste dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali, ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria;

b) in assenza delle previsioni precedenti, nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate concordemente tra il datore di lavoro e il lavoratore;

c) in sostituzione di altri lavoratori.

La riforma consente una durata del contratto a termine superiore a 12 mesi quando le “causali” siano disciplinate dalla contrattazione collettiva. Il rimando all’art. 51 D.Lgs. 81/2015 conferma come i contratti collettivi chiamati in causa risultano essere quelli appartenenti a qualsiasi livello di negoziazione (nazionale, ma anche territoriale o addirittura aziendale) e gli attori non possono che annoverarsi tra quelli “comparativamente” più rappresentativi.

Chi decide, quindi?

Di certo un ruolo centrale lo assumerà il contratto collettivo nazionale. Sarà ora da capire se le eventuali causali regolamentate da un CCNL possano essere integrate da altre concordate da una contrattazione di secondo livello (ad esempio aziendale).

Ma cosa accade se il contratto collettivo non identifica alcuna causale? Interviene una sorta di regime “residuale” a livello individuale.

La riforma, infatti, ammette una durata oltre i 12 mesi, in mancanza di un accordo collettivo anche aziendale, concordata tra le parti stipulanti il contratto di lavoro: una sorta di personalizzazione delle causali.

In tal caso, con un regime valido sino al 30 aprile 2024, dovranno essere individuate apposite «esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva» che consentono di procedere al prolungamento del rapporto.

La novità ha il merito di non assegnare un ruolo eccessivamente preclusivo alla contrattazione collettiva, lasciando alle parti del contratto – i datori e i lavoratori – la facoltà di definire, in mancanza di un accordo collettivo, quali siano le esigenze che rendono necessario il rinnovo o la proroga oltre i 12 mesi del rapporto a termine.

Come anticipato, le novità contenute nel Decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023), pubblicato in Gazzetta lo scorso 4 maggio, potranno essere soggette a modifiche in sede di conversione in legge.

Infatti i “decreti legge”, come stabilito dall’art. 77 della Costituzione, devono essere convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni, altrimenti perdono efficacia sin dall’inizio: pertanto, la conversone in legge del Decreto Lavoro dovrà avvenire entro il 4 luglio 2023; già ora sono molte le modifiche che si stanno introducendo al testo anche se su alcuni aspetti, malgrado le intenzioni, la maggioranza di Governo non ha ancora sciolto il nodo delle coperture finanziarie.